lunedì 17 agosto 2009

LA RISOLUZIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE 375/E 2002 ALLA LUCE DELLA LEGGE 7/01/2000

Sappiamo che i comunemente denominati “compro oro”, come abbiamo avuto modo di affrontare in altri articoli, al fine di vendere direttamente alla fonderie i gioielli usati acquistati dai privati cittadini dichiarano di cedere “rottami”, alterando la natura degli stessi beni acquistati all’origine, con l'unico intento di beneficiare del meccanismo dell’Inversione Contabile, comunemente nota come Reverse Charge. Questa procedura consente di fatto al cessionario, di non corrispondere l’IVA in fattura. Di per sè questo sistema è corretto, non fosse per il fatto che un'azienda non configurata come “operatrice professionale in oro” in alcun modo può effettuare cessioni di “materiale d’oro”, cui i “rottami di gioielli” appartengono e pertanto poter benificare dell'Inversione contabile. La Risoluzione, di cui abbiamo riportato il testo integrale, viene però fin troppo spesso ed arbitrariamente interpretata come un aperta autorizzazione, da parte dell’Agenzia delle Entarte nei confronti dei “compro oro”, a commerciare "rottami" auriferi beneficiando del meccanismo noto come Reverse Charge. Interpretazioni che spesso si soffermano sull'aspetto puramente tecnico senza tenere minimamente conto delle restrizioni legislative come nel caso di quella fornita dal prof. Mario Pollarolo del CERDEF il quale, sostiene, la possibilità da parte di un non meglio identificato commerciante dedito all'attività genericamente definita di "compro oro", di poter effettuare la cessione di rottami auriferi a "banchi metalli", potendo applicare alle vendite il meccanismo del reverse charge.

In poche righe dimostreremo che nei fatti non è così e che, al contario, stabilisce proprio che i “rottami di gioielli” rientrano nella nozione di “materiale d’oro” contenuto nella legge 7/2000, la stessa legge che impone il commercio di questo tipo di beni esclusivamente agli operatori professionali, ovvero a quelle aziende configurate secondo i requisiti stabiliti dall’articolo 1 comma 3 legge 7/2000. Quindi nel testo del Prof. Pollarolo è presente una vistosa, nonchè dannosa, omissione. Comunque leggiamo il testo della risoluzione 375/E riprodotta nella sua stesura integrale.

OGGETTO: Applicazione dello speciale meccanismo del reverse charge di cui all’articolo 17, comma 5, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 agli acquisti di oggetti d’oro avariati da esercenti il commercio c.d. “compro oro”. Inapplicabilità della sanzione amministrativa di cui all’articolo 6, comma 8, del D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.
Istanza di interpello - articolo 11 legge 27 luglio 2000, n. 212
Istanza della XW S.p.A.
Con istanza d’interpello, presentata ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n.212, la XW S.p.A. ha esposto il seguente quesito volto a conoscere l’esatta applicazione dell’art. 17, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e dell’art. 6, comma 8, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.
QUESITO
L’attività della società istante, operatore professionale autorizzato all'esercizio del commercio in oro dall'Ufficio Italiano Cambi (U.I.C.) a norma della legge 17 gennaio 2000, n. 7, consiste, tra l’altro, nell’acquisto di oggetti preziosi d’oro usati e/o avariati per la successiva affinazione e recupero del metallo prezioso ivi contenuto.
In particolare, a seguito dello sviluppo del mercato del c.d. “compro oro”, i commercianti all’ingrosso e/o al dettaglio di preziosi acquistano da privati oggetti d’oro e d’argento usati, per poi rivenderli, sotto forma di rottami di gioielli d'oro, verghe aurifere o, comunque, oggetti destinati alla fusione, a soggetti che, come la XW SpA, operano nel settore dell’affinazione e del recupero dei metalli preziosi.
/Tanto premesso la società chiede se sia possibile applicare ai suddetti acquisti il meccanismo del reverse charge di cui all’articolo 17, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (ossia l’emissione della fattura senza IVA da parte del commerciante e la successiva integrazione da parte della società acquirente), senza, per questo, incorrere nella previsione sanzionatoria di cui all’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (ricevimento di fatture d’acquisto prive dell’imposta).
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
La società istante ritiene di poter applicare lo speciale meccanismo del reverse charge previsto dall’art. 17, comma 5, del DPR n. 633 del 1972, per le cessioni di oro industriale, considerato che, nel caso di specie, il materiale d’oro usato ceduto dai commercianti presenta le medesime caratteristiche dell’oro industriale, non potendo essere utilizzato senza prima essere sottoposto ad una ulteriore lavorazione.
D’altronde, la società istante dichiara di non acquistare i prodotti ancora idonei ad essere venduti come merce finita, dato che opera esclusivamente nel settore del recupero di materiali preziosi e non svolge l’attività di commercializzazione di gioielli.
Per quanto sopra non si ravvisa alcun ostacolo al fatto che il venditore emetta la fattura senza imposta per certificare la cessione dei rottami d’oro alla società istante, e che dette fatture siano integrate dall’acquirente così come dispone il comma 5 dell’articolo 17 del DPR n. 633.
Secondo la XW SpA, infatti, procedendo come sopra descritto, non si configura la violazione di cui all'articolo 6, comma 8, del decreto legislativo n. 471 del 1997 (acquisto di beni con fattura irregolare), né si rende necessaria la regolarizzazione da parte del cessionario ed il conseguente versamento all’Erario dell’imposta non versata dal cedente, dovendosi considerare conformi alla legge le fatture d’acquisto ricevute senza applicazione dell'IVA.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
La legge 17 gennaio 2000, n. 7, recante la nuova disciplina del mercato dell’oro, ha recepito le disposizioni della direttiva 98/80/CE del Consiglio, del 12 ottobre 1998, che prevede l’istituzione di un regime speciale IVA applicabile al commercio dell’oro.
In particolare le disposizioni di cui all’art. 1 della citata legge n. 7 del 2000, definiscono il termine “oro” distinguendolo in due tipologie: oro da investimento ed oro diverso da quello da investimento o industriale.
Coerentemente con i principi stabiliti dalla predetta Direttiva Comunitaria è previsto, all’art. 3, il regime di esenzione dall’IVA per le cessioni di oro da investimento di cui all’art. 10 , numero 11, del DPR n. 633 del 1972, e l’ordinario regime d’imponibilità per le cessioni di oro diverso da quello da investimento o industriale. In tale ultima ipotesi l’imposta è assolta con il particolare meccanismo del cosiddetto reverse charge disciplinato dall’art. 17, comma 5, del citato DPR n. 633, che pone a carico del cessionario, se soggetto passivo d’imposta residente nel territorio dello Stato, l’obbligo di corrispondere l’imposta per conto del cedente. Ciò al solo fine di evitare agli operatori del settore l’onere finanziario derivante dal pagamento dell’imposta per rivalsa ai fornitori o in dogana su importi di consistente valore.
Il citato meccanismo, infatti, impone al cessionario l’obbligo di integrare la fattura emessa senza addebito dell’imposta con l’indicazione dell’aliquota e dell’imposta, nonché di annotarla nei registri delle fatture emesse o dei corrispettivi (art. 23 e 24 del DPR n. 633 del 1972) entro il mese di ricevimento, ovvero anche successivamente, ma, comunque, entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese, e in quello degli acquisti (art. 25) per esercitare il diritto alla detrazione. In tal modo l’imposta sugli acquisti, non anticipata in via di rivalsa al cedente, concorre, in ogni caso, alla liquidazione periodica dell’imposta del cessionario, e figura sia come imposta a debito sia come imposta a credito, salvo le ipotesi in cui esistono dei limiti all’esercizio del diritto alla detrazione (cfr circolare 29 dicembre 1999, n. 247, risoluzione 26 ottobre 2001, n. 168).
Tanto premesso, è necessario chiarire se i rottami di oro ceduti alla società istante, rientrino o meno nella nozione di oro da investimento o in quella di materiale d’oro diverso da quello d’investimento, e se, in tale caso, ad essi sia applicabile il meccanismo del reverse charge.
In merito all’esatta nozione di “materiale d’oro” e di “prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi” contenuta nell’art. 17, comma 5, del DPR n. 633, cui è applicabile il meccanismo del reverse charge, come già chiarito in precedenza (cfr risoluzione 26 ottobre 2001, n. 168), si ritiene che con tale espressione il legislatore abbia inteso fare riferimento all’oro nella sua funzione prevalentemente industriale, ossia di materia prima destinata alla lavorazione, distinta, quindi, dall’oro da investimento di cui all’art. 1, comma1, let. a) della legge n. 7 del 2000.
L’Ufficio Italiano Cambi (U.I.C.), a sua volta, è del parere che rientrano nella nozione di “materiale d’oro” tutte le forme di oro grezzo destinate ad una successiva lavorazione, e che la caratteristica di un “semilavorato” è costituita dall’essere un prodotto privo di una specifico uso e funzione, e cioè dall’impossibilità di utilizzare ex se il materiale o la lega d’oro, essendo necessario un ulteriore stadio di lavorazione o trasformazione che ne consenta l’utilizzo da parte del consumatore finale (cfr pareri dell’UIC reperibili sul sito
http://www.uic.it/).
Nel caso di specie, secondo quanto emerge dai dati dell’istanza d’interpello, i commercianti cedono alla società istante esclusivamente i rottami d’oro che non sono più idonei al consumo finale, mentre vendono direttamente ai consumatori finali gli oggetti preziosi non avariati ed in buono stato.
La scrivente ritiene, pertanto, che la predetta vendita di rottami di gioielli d’oro, in sé non suscettibili di utilizzazione da parte del consumatore finale, ad un soggetto che non li destina (né può destinarli) al consumo finale, ma li impiega in un processo intermedio di lavorazione e trasformazione, possa essere assimilata a cessione di materiale d’oro o semilavorato
In conclusione, considerato che la XW SpA, così come emerge dai dati contenuti nell’istanza, opera esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi e non svolge attività di commercializzazione di gioielli, l’imposta sugli acquisti di rottami di gioielli d’oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione chimica per il recupero del materiale prezioso ivi contenuto, può essere assolta mediante la particolare procedura prevista dall’art. 17, comma 5, del DPR n. 633 del 1972, nel rispetto degli adempimenti ivi previsti, senza per questo incorrere nella violazione di cui all’art. 6, comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997.

____________



Da una prima lettura del testo è chiaro l'intento della società istante, ovvero richiedere un chiarimento in merito ad alcune procedure fiscali riguardo determinati tipi di cessione, difatti leggiamo:“In particolare, a seguito dello sviluppo del mercato del c.d. “compro oro”, i commercianti all’ingrosso e/o al dettaglio di preziosi acquistano da privati oggetti d’oro e d’argento usati, per poi rivenderli, sotto forma di rottami di gioielli d'oro, verghe aurifere o, comunque, oggetti destinati alla fusione, a soggetti che, come la XW SpA, operano nel settore dell’affinazione e del recupero dei metalli preziosi. Tanto premesso la società chiede se sia possibile applicare ai suddetti acquisti il meccanismo del reverse charge di cui all’articolo 17, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (ossia l’emissione della fattura senza IVA da parte del commerciante e la successiva integrazione da parte della società acquirente), senza, per questo, incorrere nella previsione sanzionatoria di cui all’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (ricevimento di fatture d’acquisto prive dell’imposta).”

Come visto XW S.p.A., richiede se sia possibile acquistare da “commercianti all’ingrosso e/o al dettaglio di preziosi che acquistano da privati oggetti d’oro” oggetti quali “rottami di gioielli d'oro, verghe aurifere o, comunque, oggetti destinati alla fusione”, potendo applicare alle predette cessioni il particolare meccanismo del reverse charge. La Risoluzione conferma la leicità del metodo affermando che “può essere assolta mediante la particolare procedura prevista dall’art. 17, comma 5, del DPR n. 633 del 1972 (reverse charge), nel rispetto degli adempimenti ivi previsti, senza per questo incorrere nella violazione di cui all’art. 6, comma 8, del d.lgs. n. 471 del 1997.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate, come visto, conferma quanto dedotto dalla XW S.p.A., risultando del tutto evidente il carattere squisitamente fiscale della Risoluzione. La XW S.p.A. descrive genericamente come propri cedenti “commercianti all’ingrosso e/o al dettaglio di preziosi che acquistano da privati oggetti d’oro” senza aggiungere altro, senza richiedere se questi debbano essere in possesso delle autorizzazioni previste dalla legge per chiunque effettui cessioni di beni ad uso industriale come i rottami auriferi o, addirittura, verghe aurifere, ed infatti la Risoluzione non entra nel merito.

La stessa Risoluzione però ci conferma un dato estremamente importante, dichiarando espressamente che i "rottami di gioielli" rientrano nella nozione di "materiale d’oro" così come definito dalla legge 7/2000, ed infatti leggiamo: “L’Ufficio Italiano Cambi (U.I.C.), a sua volta, è del parere che rientrano nella nozione di “materiale d’oro” tutte le forme di oro grezzo destinate ad una successiva lavorazione, e che la caratteristica di un “semilavorato” è costituita dall’essere un prodotto privo di una specifico uso e funzione” Dichiarando altresì che La scrivente ritiene, pertanto, che la predetta vendita di rottami di gioielli d’oro, in sé non suscettibili di utilizzazione da parte del consumatore finale, ad un soggetto che non li destina (né può destinarli) al consumo finale, ma li impiega in un processo intermedio di lavorazione e trasformazione, possa essere assimilata a cessione di materiale d’oro o semilavorato

Come visto i “rottami di gioielli” sono da considerare a tutti gli effetti “materiale d’oro” nella dizione contemplata dalla legge 7/2000 all'art. 1, comma 1, lettere a) e b). La stessa legge che impone a chiunque effettui il commercio di questo materiale, l’iscrizione all'"Albo degli operatori professionali in oro" (art,1 comma 3 Legge 7/2000). L’ex Ufficio Italiano Cambi aveva tralaltro provveduto ad emanare, a suo tempo, un documento esplicativo della Legge 7/2000 intitolato “Chiarimenti in materia d’oro” del 20/06/2001, in cui espressamente dichiarava:
“Nel definire l'oro oggetto della legge, il legislatore fa espresso riferimento all’ “oro da investimento" ed al “materiale d'oro” (art. 1, comma 1, lett a) e b). Quest'ultima espressione sembra riferirsi non ad un qualsiasi materiale d'oro, ma a quello “ad uso prevalentemente industriale”. Si ritiene, infatti, che nel caso in specie il legislatore abbia inteso fare riferimento all'oro nella sua funzione industriale ossia di materia prima destinata alla lavorazione e, quindi, per tale sua vocazione distinta dall'oro da investimento di cui all'art. 1, comma 1, lett. a) della legge. Rientrerebbero, pertanto, nella nozione di materiale d'oro, di cui alla all'art. 1, comma 1, lett. b) della legge, tutte le forme di oro grezzo, non ricadenti nel concetto di oro da investimento, destinate ad una successiva lavorazione (ad es. lingotti, placche, verghe, bottoni, granuli, polveri), così come i semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi. Resterebbero, invece, esclusi i gioielli, i monili e più in generale, gli oggetti d'oro suscettibili di consumo finale.Va, infatti, ricordato che il commercio di questi ultimi è distintamente disciplinato, sempre per finalità di contrasto al riciclaggio, dal D.lgs. n. 374/1999.”

Lo stesso documento, anche in funzione antiriciclaggio, identifica le caratteristiche a cui un'azienda deve aderire per poter effettuare il commercio di preziosi: “acquisto di oggetti preziosi avariati, destinati alla fusione, e successiva cessione dell’oro così ottenuto, in una qualunque delle forme in uso (lingotti, placchette, etc.). L'operatività in questione, esercitata in via professionale e non occasionalmente, deve ritenersi riconducibile, sia per gli aspetti soggettivi che oggettivi, nel disposto di cui alla Legge n. 7/2000.”Pertanto essere qualificati come "operatori professionali", diversamente nel caso di commercio di oggetti finiti, specifica che:
“acquisto di oggetti preziosi usati, direttamente da privati, e rivendita degli stessi, senza ulteriore trasformazione. Detta attività non è qualificabile ai sensi dell'art. 1, comma 3, della Legge 17/1/2000, n. 7; essa si configura, infatti, come commercio di prodotti finiti che non rientrano nella definizione di "oro" contenuta nell'art. 1, comma 1, della stessa Legge;”
Per questo tipo di attività non è necessaria l'iscrizione all'albo degli "operatori professionali" e, sui predetti oggetti, dovrà essere applicata l’IVA ordinaria o a margine, come previsto per gli oggetti finiti.


Alla luce di quanto esposto risulta estremamente chiara la giusta collocazione in cui va inserita la Risoluzione oggetto del presente esame. E risultano del tutto evidenti le seguenti conclusioni:
A) La Risoluzione è scaturita da un quesito che richiedeva unicamente la possibilità di applicazione del meccanismo reverse charge sulle cessioni di materiale d’oro, concedendo questa possibilità.
B) La risoluzione stabilisce che i "rottami di gioielli usati", rientrano nella nozione di "materiale d’oro" come specificato dalla legge 7/2000;
C) La Risoluzione non autorizza il commercio di rottami auriferi o, addirittura, verghe aurifere, qualificabili anche alla luce di detta risoluzione come “materiale d’oro”, i soggetti sprovvisti dei requisiti imposti dall’art 1 comma 3 Legge 7/01/2000.

domenica 2 agosto 2009

Chiusa l'inchiesta sul contrabbando di oro tra Italia e Svizzera

Il pubblico ministero di Como Mariano Fadda ha depositato gli atti relativi all'inchiesta su un vasto giro clandestino d’oro tra l'Italia e la Svizzera, in cui compariva anche il nome dell’ex dirigente di Banca Ticinese Nicola Bravetti. Un’indagine durata anni e culminata nel 2008 con la scoperta di un contrabbando clandestino di 53 chili del prezioso metallo giallo dal Ticino alla Lombardia. Gli avvocati difensori delle parti potranno ora accedere alla documentazione raccolta e procedere con le relative osservazioni. Spetterà quindi al magistrato decidere se e come rinviare a giudizio le diverse persone finite nel registro degli indagati.

L’ultimo maxi sequestro d’oro, che risale a fine gennaio, viene alla luce soltanto ora. Si tratta di 24 chili che i finanzieri hanno prelevato dalla Euromet S.r.l. di Arese, in provincia di Milano. Lingotti purissimi che, secondo gli inquirenti, erano in magazzino senza che vi fosse documentazione fiscale che ne giustificasse la presenza. L’amministratore della società è stato indagato con l’accusa di riciclaggio.
Le fiamme gialle erano arrivate alla S.r.l. di Arese indagando su un precedente sequestro d’oro, 16 chili trovati a bordo dell’auto del direttore generale della Argor-Heraeus, una delle più conosciute aziende orafe operanti a cavallo tra Italia, Svizzera e Germania. Il manager era stato fermato, sempre a gennaio, a Ronago a soli 200 metri dalla dogana. Ai finanzieri non aveva detto che, nel bracciolo centrale dei sedili posteriori, aveva lamine d’oro. Solo dopo la scoperta aveva mostrato dei documenti di trasporto che, ne sono convinti gli inquirenti, erano stati realizzati ad hoc in caso di intercettazione da parte delle forze dell’ordine. La merce, secondo quanto ricostruito, arrivava dalla Monte Generoso S.p.A. di Cislago (Varese), altra importante azienda orafa dopo che, il giorno precedente il sequestro, sarebbe stata ritirata alla Euromet di Arese.

Il duplice sequestro di gennaio segue altri tre blitz compiuti tra settembre e ottobre sempre dal nucleo di polizia tributaria di Como in varie zone d’Italia. Il tutto coordinato dal pubblico ministero Mariano Fadda, già titolare di un analogo fascicolo su contrabbando d’oro che tra fine 2006 e inizi 2007 aveva portato a due sequestri di 35 chili in lingotti l’uno. Particolari che fanno lecitamente ipotizzare l’esistenza di una maxi inchiesta su un vasto giro clandestino d’oro tra Italia e Svizzera e viceversa. In sintesi: il 20 settembre le fiamme gialle avevano fermato a Binasco, non lontano dallo svincolo della A7 Milano-Genova, un insospettabile 48enne di Monguzzo. Trasportava a bordo della sua Honda Crv lingotti e fogli d’oro per un peso totale di 53 chili. Un mese più tardi nel Pavese erano stati "pizzicati" altri 22 chili a un uomo di Uggiate Trevano. La settimana successiva i finanzieri avevano intercettato a Genova altri 15 chili, trovati sull’auto di un 62enne di Appiano Gentile, in viaggio con la figlia.
Fatti due conti tra lingotti e fogli d’oro le fiamme gialle e la procura hanno sequestrato in sei mesi 130 chili di metallo prezioso, per un valore stimato in circa due milioni e mezzo di euro. Un piccolo Klondike su cui la magistratura ha messo gli occhi da tempo.

Tratto da:
http://www.cdt.ch/ticino-e-regioni/cronaca/9160/contrabbando-d-oro-indagini-chiuse.html
http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Homepage/97627/