giovedì 22 ottobre 2009



Visto il ritmo serrato con cui in questi giorni arrivano notizie dalla Puglia in merito alle indagini effettuate dai militari della Guardia di Finanza, ci limiteremo esclusivamente a pubblicare le notizie inerenti lo svolgersi dell'attività investigativa, senza aggiungere ulteriori commenti.

"OSTUNI | 22/10/2009 |La citta' bianca ancora in prima. Dopo la notizia della Ferrari taroccata, oggi arriva quella della frode dell'oro. I militari della GdF infatti, all'esito di specifiche indagini, hanno scoperto una frode fiscale per oltre 160 mila euro. Le fiamme gialle hanno individuato un impresa, operante nel settore del "compro oro" che dal 2004 al 2008 ha evaso iva per oltre 160 mila euro. Ed ancora una persona, responsabile di aver venduto alla ditta individuata considerevoli quantitativi di oro di provenienza furtiva, e' stata denunciata per ricettazione."

Tratto da: www.ilbrindisino.it

"TARANTO, 22/10/2009: Operazione della Guardia di Finanza; scoperta evasione fiscale per circa 500mila euro; una persona e’ stata denunziata all’Autorità Giudiziaria.
I Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Taranto, all’esito di complesse indagini, hanno scoperto una evasione fiscale perpetrata da una società nei periodi d’imposta dal 2005 al 2009. Nel particolare le Fiamme Gialle hanno accertato che l’impresa, operante nel settore del commercio dell’oro usato, ha evaso I.V.A. per circa 500 mila euro. Una persona e’ stata denunziata all’Autorità Giudiziaria." "

Tratto da: www.eventiecommenti.it

lunedì 19 ottobre 2009

La Puglia ancora sotto la lente della Guardia di Finanza

Ancora dalla regione Puglia giungono notizie inerenti le verifiche eseguite dai militari della Guardia di Finanza nei confronti dei negozi "compro oro". Una lunga lista a cui, quasi ogni giorno, vanno ad aggiungersi nuove denuncie nei confronti dei titolari di questi esercizi commerciali. Il denominatore comune di verifica resta l'evasione IVA. Con accuarata e metodica tenacia i finanzieri stanno passando al settaccio la contabilità dei "compro oro" e, a quanto pare, raggiungendo ragguardaveloli risultati. Comunque, di seguito, il testo integrale della notizia:

"MANDURIA - OPERAZIONE DELLA GUARDIA DI FINANZA, SCOPERTA EVASIONE PER 310 MILA EURO
19/10/2009
I Militari della Tenenza della Guardia di Finanza di Manduria, all'esito di complesse indagini di polizia economica e finanziaria, hanno scoperto un'evasione fiscale perpetrata da due esercizi commerciali operanti nel settore del c.d. "Compro Oro".

Trecentodiecimila euro in due anni e mezzo in due esercizi. E’ solo una parte del ricco mercato della compravendita dell’oro usato a Manduria dove la Guardia di Finanza ha scoperto e denunciato due imprenditori titolari di altrettante oreficerie che con l’acquisto di preziosi usati hanno fatto una fortuna incassando, insieme, almeno un terzo di milione di euro non dichiarandolo al fisco. Secondo le fiamme gialle della tenenza della Guardia di Finanza di Manduria comandati dal tenente Carlo Balestra, infatti, sarebbero migliaia le persone che nel corso degli anni si sono presentati nei due esercizi con i propri preziosi per ricavare qualcosa di concreto. «Non i soliti orecchini rotti o la collanina spezzata o il vecchio anello sformato – spiegano gli investigatori che hanno potuto vedere l’elenco degli oggetti acquistati dai due imprenditori denunciati –, ma degli autentici monili, anche di un certo valore, tenuti in ottimo stato dai proprietari che se ne disfacevano per bisogno di liquidità».
Dietro questi bisogni è nato un business che gira milioni di euro l’anno se è vero che solo nei due esercizi individuati dalla Guardia di Finanza si è commercializzato oro usato per trecentodiecimila euro di somme non dichiarate o evase in solo due anni e mezzo. Il meccanismo, utilizzato dai due imprenditori per aggirare il fisco, consisteva nell’acquistare l’oro usato dai privati cittadini e di rivenderlo come “rottame di metallo prezioso” alle fonderie del Centro Nord Italia che potrebbero avere responsabilità nell’affare. Questo sistema permetteva l’esenzione dell’imposta IVA, non dovuta per i rottami ma obbligatoria per il commercio dell’oro usato. In uno dei due esercizi individuati, inoltre, le fiamme gialle hanno sorpreso un dipendente che lavorava in nero. I titolari delle due oreficerie sono stati denunciati all’autorità giudiziaria per reati di natura fiscale e amministrativa.


Fonte della notizia: www.lavocedimanduria.it

Il commercio di rottami auriferi e le disposizioni antiriciclaggio

Un lettore della provincia di Lucca ci ha fornito lo spunto per alcune riflessioni. Nella sua lettera ci chiede quale può essere il nesso che intercorre tra il commercio di rottami di gioielli usati, effettuato da un soggetto sprovvisto dei requisiti imposti dalla legge, ed il reato di riciclaggio. Nella breve lettera ci ha resi partecipi della sua testimonianza: “Come tanti e senza avere l’intenzione di evadere l’IVA, ho lavorato seguendo quanto indicato dalla ditta a cui cedevo l’oro. La novella di quest’oggi è che il solito amico dell’amico sostiene che tra gli eventuali reati connessi per chi come noi ha ceduto rottami, vi sarebbe pure quello del riciclaggio. Attendo un vostro cortese chiarimento”.

Effettivamente potrebbero sussistere i reati connessi alla violazione delle norme antiriciclaggio. La legge 7/2000 si esprime molto chiaramente in materia ben conoscendo, il legislatore, la posizione privilegiata che il metallo giallo detiene tra gli strumenti per il riciclaggio di denaro d’illecita provenienza.

La Risoluzione 375/E, come abbiamo avuto modo di approfondire nell’articolo precedente, dichiara espressamente che i “rottami di gioielli” rientrano nella nozione di “materiale d’oro” così come definito dalla Legge 7/01/2000. Sappiamo che il commercio di questi beni è demandato esclusivamente alle società iscritte all’Albo degli “Operatori professionali in oro” istituito presso la Banca d’Italia.
Alla stregua della monetazione aurea, dei lingotti e dei verghi d’oro, ovvero di tutti quei beni che ben si prestano a sostituire il denaro contante nei piani di accumulo e riserva economica, anche i “rottami auriferi”- che rientrano nella nozione di oro come definito dall’art.1 comma 1 lettera b legge 7/2000 - essendo beni di forma indistinta, in quanto ormai privi dell’aspetto originario, possono divenire facile strumento per la conversione di denaro "sporco".

A tale scopo la Banca d’Italia, in funzione antiriciclaggio, è tenuta per legge a verificare e monitorare cautelativamente le operazioni aventi per natura queste forme d’oro. L’articolo 1 comma 2 della legge 7/2000, infatti stabilisce: “Chiunque dispone o effettua il trasferimento di oro da o verso l'estero, ovvero il commercio di oro nel territorio nazionale ovvero altra operazione in oro anche a titolo gratuito, ha l'obbligo di dichiarare l'operazione all'Ufficio italiano dei cambi, qualora il valore della stessa risulti di importo pari o superiore a 20 milioni di lire. All'obbligo di dichiarazione sono tenuti anche gli operatori professionali di cui al comma 3, sia che operino per conto proprio, sia che operino per conto di terzi. Dalla presente disposizione sono escluse le operazioni effettuate dalla Banca d'Italia.”

Questo, in sintesi, cosa significa? Significa che le aziende, regolarmente iscritte all’Albo degli operatori professionali in oro, sono tenute mensilmente a comunicare, presso gli uffici della Banca d’Italia, tutte le operazioni che superano l’importo di 10.330 euro, aventi per oggetto l’oro nelle forme stabilite dalla stessa legge all’art, 1 comma 1 lettera a e b, ovvero:
- l’oro da investimento nelle varie forme (lingotti, placchette, verghi, etc.),
- la monetazione aurea coniata dopo il 1800 (sterline, marenghi, krugerrand, etc.);
- il “materiale d’oro” ovvero a funzione industriale quindi, oltre gli scarti di lavorazione, anche i rottami di gioielli.

I “rottami di gioielli” o di “oreficeria usata” sono stati fatti espressamente rientrare nella nozione “materiale d’oro” contemplato dalla legge 7/2000, oltre che dalla Risoluzione 375/E, anche dal già noto documento rilasciato dall’ex Ufficio Italiano dei Cambi “Chiarimenti in materia d’oro”, pubblicato il 20/06/2001.
Molti “compro oro”, sprovvisti dell’iscrizione all’Albo della Banca d’Italia, sostengono di poter cedere alle fonderie o ad altre aziende specializzate i ben noti “rottami di gioielli”, e di poter legittimamente applicare alle stesse cessioni, il meccanismo del reverse charge. Come abbiamo dimostrato negli articoli precedenti, sappiamo che questo, dal punto di vista legislativo, non è possibile e potremmo aggiungere, proprio in suffragio delle nostre conclusioni, anche questo ulteriore dettaglio. Ovvero quello della mancata comunicazione mensile alla Banca d’Italia, di tutte le cessioni aventi per oggetto anche il “materiale d’oro”, cui i “rottami di gioielli” appartengono.

Diversamente sarebbe anche difficile spigare il perché, se il mercato di questi beni fosse “libero”, proprio i soggetti autorizzati dalla Banca d’Italia sarebbero obbligati a comunicare le cessioni, mentre il semplice titolare di una ditta individuale, quindi un soggetto assolutamente non monitorabile, libero di commerciare gli stessi beni senza sottostare all’obbligo di dichiarazione. La legge 7/2000, al fine di scoraggiare eventuali abusi all’articolo 4 comma 2 ci informa che:

2. Le violazioni dell'obbligo di dichiarazione di cui all'articolo 1, comma 2, sono punite con la sanzione amministrativa da un minimo del 10 per cento ad un massimo del 40 per cento del valore negoziato. Per l'accertamento delle violazioni previste dal presente comma e per l'irrogazione delle relative sanzioni si applicano le disposizioni del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, e successive modificazioni.

Mentre al comma 1, per i soggetti che si sostituiscono nelle funzioni di un operatore professionale, quindi privi dell’ iscrizione all’albo degli operatori professionali:

1. Chiunque svolge l'attività di cui all'articolo 1, comma 3, senza averne dato comunicazione all'Ufficio italiano dei cambi, ovvero in assenza dei requisiti richiesti, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da lire quattro milioni a lire venti milioni. Alla stessa pena soggiace chiunque svolga l'attività prevista dall'articolo 2, comma 1, senza esservi legittimato.

martedì 13 ottobre 2009

Continua l'evasione


FASANO - Avrebbe frodato il fisco per circa 400 mila euro. A scoprire una frode portata a compimento nel fasanese sono stati i militari della compagnia della Guardia di Finanza di Fasano, al comando del tenente Francesco Calimero. In particolare le Fiamme Gialle hanno individuato un' impresa che opera nel settore del commercio di metalli preziosi che, dal 2004 ad oggi, avrebbe evaso l’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) per circa 400 mila euro. Il titolare del negozio è stato denunciato a piede libero alla autorità giudiziaria. A quanto pare avrebbe acquistato dal 2004 ad oggi preziosi per poi rivenderli come “rottami” senza applicare l’IVA. Un meccanismo che avrebbe evitato alla sua azienda di sborsare quasi 800 milioni di vecchie lire di IVA. Dai controlli fiscali, comunque, è emerso che la contabilità dell' impresa era tenuta in maniera corretta ed ineccepibile. L’unico “neo” riscontrato è stato quello che, all’atto di rivendere i monili in oro e argento che il negozio acquistava da privati cittadini, sugli stessi non pagava l’IVA cedendoli come “rottami”, risparmiando davvero una bella sommetta.

Tratto da: www.gofasano.it