martedì 4 gennaio 2011

Evasione fiscale sull'asse Puglia-Campania: nei guai due imprenditori del TARI'


MARCIANISE - Due commercianti del centro orafo Tarì risultano coinvolti in un'inchiesta della Guardia di Finanza di Bari per evasione di IVA nata dalle indagini sull'escamotage di considerare l'oro 'grezzo' come “rottami”: un trucchetto che ha permesso ad un commerciante barese di evadere l’Iva per circa 850mila euro. E’, infatti, prevista dalla legge un’agevolazione fiscale per chi lavora “oro grezzo”, quali sono appunto i “rottami non riutilizzabili”. In ogni caso, onde evitare il perpetuarsi di comportamenti illeciti sul piano commerciale, a maggio dello scorso anno è intervenuta anche la Banca d’Italia con una circolare in cui esclude i titolari di società di acquisto di oggetti d’oro dalla cosiddetta “inversione contabile”. Nella rete dei controlli della Guardia di Finanza, nel corso della stessa inchiesta, come riferisce l'Agenzia Agi, sono finiti anche due grandi “operatori professionali in oro”, con sede nel rinomato centro orafo della provincia di Caserta. Era a queste due società campane che l'imprenditore barese denunciato dalle Fiamme Gialle vendeva tutto l’oro che acquistava.

La legge impone che le aziende che acquistano oro dichiarino l’operazione alla Banca d’Italia, un obbligo voluto proprio per evitare che si possano verificare nel settore casi di riciclaggio o ricettazione. Le omissioni di dichiarazioni sono valse alle due società campane sanzioni amministrative per centinaia di milioni di euro. Il commerciante, a seguito dei controlli della Guardia di Finanza, nel 2010 si è messo in regola e ora continua regolarmente a svolgere la sua attività di ‘Compro oro’.

Il fenomeno del 'compro oro'

Un fenomeno, quello del 'compro oro', indotto dalla recente crisi, e che è divenuto anche caso di attenzione per le inchieste giornalistiche, come nel caso di un recente reportage del 'Venerdì' di 'la Repubblica'.
Per tre anni (dal 2007 al 2009) il commerciante barese aveva gestito una decina di punti vendita di “Compro oro”, a Bari e in provincia di Bari e Taranto, senza essere in possesso della prevista autorizzazione che viene rilasciata dalla Banca d’Italia
Per questo motivo – ma anche che per il reato di falsificazione dei registri – i militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Bari hanno denunciato all’autorità giudiziaria il commerciante 50enne. L’uomo, un ex gioielliere, aveva deciso di cambiare attività: invece che vendere gioielli li acquistava, mettendo la sua impresa al passo con le tendenze del mercato che, a causa della crisi, negli ultimi anni ha visto meno clienti frequentare le gioiellerie e molto di più questi “moderni” Monte dei Pegni.
Luoghi frequentati da persone che, a causa della crisi economica, hanno deciso di vendere anche i gioielli antichi e di famiglia per arrivare a fine mese o far fronte a spese non sostenibili con le normali entrate. Gli affari andavano così bene che nel giro di qualche anno il denunciato era riuscito ad aprire una decina di punti di acquisto oro, tutti senza la necessaria autorizzazione. In tre anni, secondo la Guardia di Finanza, sono state eseguite transazioni commerciali per oltre 2 milioni di euro, praticamente tutte in contanti.

Proprio gli ingenti prelievi in contanti da parte del 50enne, presso la propria banca, hanno messo in sospetto il sistema bancario e dato il via agli accertamenti delle Fiamme Gialle. Il cliente bisognoso di smerciare il proprio oro, infatti, ha necessità di avere in cambio subito denaro. Più aumentavano i punti vendita, pertanto, più il commerciante aveva bisogno di avere in cassa liquidi per far fronte agli acquisti. La lente dei militari ha consentito, poi, di scoprire che il commerciante, sempre dal 2007 al 2009, aveva falsificato i documenti contabili registrando come “rottami non riutilizzabili” gioielli che, invece, il più delle volte erano solo usati, ma a volte – così come dichiarato dagli interessati sentiti dai finanzieri – anche nuovi.
L’escamotage di considerarli dei “rottami” ha permesso così all'imprenditore di evadere l’IVA per circa 850mila euro. Ai due grandi “operatori professionali in oro”, con sede nel rinomato centro orafo della provincia di Caserta, il commerciante barese vendeva tutto l’oro che acquistava, finito nella sua cassaforte a seguito di un giro d'affari, come detto, di due milioni di euro.


Articolo tratto da: www.campaniacentro.it