mercoledì 25 novembre 2009

Operazione "Re Mida" della Guardia di Finanza














Savona, 25 novembre 2009: “E’ stata un’operazione che ha messo in luce il perfetto coordinamento tra la polizia di Stato e la Guardia di Finanza”. Questo il commento del Questore Vittorino Grillo sull’operazione “Re Mida” che ha smantellato un’organizzazione criminale di narcotrafficanti e ha permesso di sequestrare beni per un valore di circa dieci milioni. Sotto sequestro sono finite società, capitali e aziende in Liguria e Roma. In particolare società che si occupavano di compravendita di oro usato pagando per contanti “A peso d oro” e “Proposte d’oro”.

L’operazione prende spunto da alcuni arresti effettuati dalla Squadra Mobile per traffico di droga nel giugno scorso. Ulteriori approfondimenti nelle indagini hanno portato ad individuare l’organizzazione criminale che gestiva questi beni di provenienza illecita attraverso il riutilizzo e la possibilità di ricommercializzazione. I criminali, che gestivano un traffico illecito di sostanze stupefacenti con ramificazioni in Spagna e intendevano “allargarsi”, avevano quindi la possibilità di guadagnare somme di denaro notevoli che poi venivano immesse sul mercato finanziario tramite le loro società. “Atrraverso accertamenti sugli stati patrimoniali, dal 2002 ad oggi, siamo riusciti a sequestrare tutti questi beni immobili, disponibilità finanziarie e complessi aziendali” ha precisato il Questore di Savona.

A finire in manette, durante l’operazione di giugno, erano stati Davide Mannarà, 30 anni savonese e Luca Nastasi, 27 anni, nato a Gela ma residente a Savona, che gestivano le società di compravendita dell’oro. La Mobile ha seguito gli spostamenti di Mannarà, molto abile nel sviare le intercettazioni, e dell’organizzazione per sei mesi. Il gruppo importava cocaina dalla Spagna per savona e per il milanese due volte al mese. Nell’ultimo peridodo Mannarà stava addirittura tentando di scavalcare la Spagna per acquistare la droga direttamente in Colombia.

Uno degli elementi che ha insospettito fin da subito gli inquirenti è stato il fatto che gli interessati dichiaravano poco o nulla all’erario ma in realtà avevano un tenore di vita altissimo. Dettaglio che ha fatto scattare quindi le indagini sul patrimonio che hanno messo in evidenza gli illeciti. La truffa coinvolgeva un totale di 76 filiali (9 in Liguria) di “A peso d oro” e “Proposte d’oro”, ma quasi tutte ignare di fare parte della truffa. Molte società avevano infatti semplicemente aderito al franchising senza sapere che a gestirlo era un’organizzazione criminale.

Molto soddisfatto del risultato conseguito anche il comandante delle Fiamme Gialle Roberto Visintin: “Abbiamo unito le forze. Noi in particolare abbiamo ricostruito il patrimonio riconducibile a questi narcotrafficanti e abbiamo consentito al Tribunale di Savona di procedere al sequestro preventivo in attesa della successiva ed eventuale confisca dei beni”. Attualmente le società e le attività che sono state coinvolte nell’indagine ma non direttamente gestite dagli indagati, e quindi estranee all’organizzazione, continueranno ad operare attraverso un professionista nominato dal Tribunale che le gestirà.

Articolo tratto da: www.ivg.it

martedì 10 novembre 2009

Alcuni chiarimenti

Un lettore ci scrive chiedendo delucidazioni in merito alle cessioni di oggetti preziosi. Di seguito il testo della lettera:

"Salve,
ho un negozio con regolari licenze di gioielleria (commercio gioielli) e laboratorio orafo (iscritto all'albo speciale artigiani con relativo marchio di identificazione fabbricazione gioielli).
Premesso ciò volevo sapere se la procedura che svolgo occasionalmente è esatta:
Compro oro da privati (miei clienti,con tutte le procedure regolari-documento e registrazione registro PS), dopodichè NON modifico ne trasformo nulla se non dopo i famosi 10 giorni(prima domanda:lavorativi?calcolando le domeniche o i sabati??o come calcolare questi 10 giorni??)...trascorsi tali giorni rivendo a ditta SPA iscritta alla Banca d'Italia con fattura specifica di Iva non addebbitata ai sensi del Dpr 633/72 e sm art 17 e.5 in applicazione legge 7/2000 Art 3 comma 4. Con alla voce beni e servizi :vendita rottami auriferi.(poichè da come mi è stato spiegato io come laboratorio orafo posso e sono abilitato a trasformare l'oro in come voglio e quindi dopo processi di varia lavorazione in "rottami")
E' esatta la procedura? Con le mie licenze posso eseguire tali operazioni o mi devo iscrivere alla banca di Italia pur facendo queste operazioni occasionalmente?
Se la procedura che faccio non è esatta e non posso utilizzare la fattura con Iva non addebbitata, come devo fare i calcoli per l' Iva da applicare sulla fattura per la vendita dell'oro alla SPA e come devo denominare la merce venduta?
Insomma come tanti operatori come me che hanno un laboratorio orafo e gioielleria vorrei svolgere questa attività in piena regola e senza anzie - preoccupazioni-paure di denuncie penali/civili/amministrative ogni quando mi entra un cliente che vuol vendere semplicemente oro usato e io fare il mio piccolo guadagno per un lavoro che svolgo dalla mattina alla sera barricato nel negozio....
Ho letto e riletto la legge 2000 ma il mio caso non è mensionato poichè è scritto che posso acquistare oggetti usati da privati rivenderli (ma qui ci vuole un'altra licenza comunale-vendita oggetti usati) e "senza ulteriore trasformazione". E cosa ci dovrei fare con questo oro che ho comprato se non posso trasformalo visto che sono orafo?!?E se io lo voglio rivendere rotto come faccio ,perchè non potrei??
Un po' di chiarezza sarebbe benedetta!!!
Grazie mille e scusate per lo sfogo ma a volte nel fare questa attività nobile come l'arte dell'orafo sembra di stare a rubare e lavorare con fucili puntati da normative non del tutto chiare.....spero di sbagliarmi in merito a tutto e aspetto Vostre risposte sicuramente dettagliate ed esaustive..."


Gentile lettore,
venendo alla Sua prima domanda relativa all’obbligo di custodia della merce acquistata da soggetti privati, ai sensi dell’ art. 128 del T.U.L.P.S. Lei è tenuto a non “alterare o alienare” i beni se non trascorsi i dieci giorni. Dal momento che il Testo Unico non specifica altro “se non dieci giorni dopo l'acquisto” vanno ricompresi in questa dizione anche i giorni festivi.
Il Suo secondo quesito evidenzia una procedura errata. Infatti Lei, pur essendo in possesso di regolare licenza di laboratorio orafo, in alcun modo può trasformare i beni per rivenderli sotto forma di "rottami", quindi "materiale d'oro", applicando alle cessioni il reverse charge. Infatti ai sensi dell’art.1 comma 4 Legge 7/2000 Lei può operare la trasformazione e lavorazione di metalli preziosi acquistati, soltanto “al fine di destinarlo alla propria lavorazione industriale o artigianale”. Quindi è da escludere categoricamente la vendita dei suddetti beni sotto forma di rottami, essendo tale commercio riservato ai soggetti iscritti all’albo degli Operatori professionali in oro.

Per rispondere alla terza domanda, vi sono due possibilità. Vendere i beni e ricevere sulla fattura l’aliquota IVA ordinaria al 20%, oppure beneficiare del “regime speciale del margine globale” se le cessioni vengono effettuate in “massa”, ovvero più oggetti venduti contestualmente al medesimo cessionario. In questo caso Lei, e non il cessionario, dovrà corrispondere l’IVA pari al 20% applicato sulla differenza tra il costo sostenuto per acquistare il bene e il corrispettivo di rivendita. In entrambe i casi gli oggetti dovranno essere descritti in fattura per quello che realmente sono, ovvero “oreficeria usata”.

Diversamente, se sprovvisto di licenza di rivendita di gioielli al minuto, dovrà provvedere inoltrando la denuncia di inizio attività (DIA) al Comune e alla registrazione alla Camera di Commercio al codice “Commercio al dettaglio di orologi, articoli di gioielleria e argenteria” oltre alla richiesta di estensione della Sua licenza da far pervenire alla Questura competente per il territorio. Ricevute le citate autorizzazioni, potrà scegliere anche di rivendere gli oggetti acquistati beneficiando del “regime speciale del margine ordinario” e applicare l’IVA pari al 20% sulla differenza tra il costo sostenuto per acquistare il bene e il corrispettivo di rivendita, su ciascun oggetto rivenduto al minuto.

domenica 1 novembre 2009

Il Reverse Charge applicato alle cessioni di preziosi

Scrive un lettore dalla provincia di Bologna:"Volevo da voi conoscere l’eventuale fonte giuridica secondo cui il titolare di un c.d “Compro oro”, non iscritto alla Banca d’Italia, non potrebbe beneficiare del Reverse Charge. Grazie"

Gentile lettore,
l’Inversione Contabile, nota come reverse charge, è definita dall’articolo 17, comma 5, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il quale stabilisce che sia applicabile soltanto a due categorie di beni, ovvero:
"a) cessioni imponibili di oro da investimento di cui all’articolo 10, n. 11 di cui allo stesso D.P.R. 633;
b) cessioni di materiale d’oro e cessioni di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi."


Quindi quei beni che ai sensi dell'art. 1 comma 1 lettere a) e b) legge 7/2000, possono essere esclusivamente commerciati dagli "operatori professionali in oro" regolarmente iscritti all'Albo istituito presso la Banca d'Italia a norma dell'art. 1 comma 3 legge 7/2000.

E' bene ricordare che, oltre i semilavorati, rientrano nella classificazione del "materiale d'oro" anche i "rottami di gioielli", ovvero l'oreficeria danneggiata e irreparabile, come stabilito dalla Risoluzione 375/E del 28/11/2002 la quale definisce che “rientrano nella nozione di “materiale d’oro” tutte le forme di oro grezzo destinate ad una successiva lavorazione, e che la caratteristica di un “semilavorato” è costituita dall’essere un prodotto privo di una specifico uso e funzione” Dichiarando altresì che La scrivente ritiene, pertanto, che la predetta vendita di rottami di gioielli d’oro, in sé non suscettibili di utilizzazione da parte del consumatore finale, ad un soggetto che non li destina (né può destinarli) al consumo finale, ma li impiega in un processo intermedio di lavorazione e trasformazione, possa essere assimilata a cessione di materiale d’oro o semilavorato

Quindi, visto che i "rottami di gioielli" rientrano nella nozione di "materiale d'oro", ed essendo noto che i soli qualificati ad effettuare questo tipo di commercio, ai sensi dell'articolo 1 comma 3 legge 7/2000, sono i soggetti regolarmente iscritti all'"Albo degli operatori professionali in oro" è da escludere qualsiasi tipo di attività esercitata in tal senso da soggetti autorizzati al solo commercio di preziosi, quindi oggetti finiti, come i c.d. "compro oro". Non è pertanto ipotizzabile che un soggetto non iscritto all'Albo, possa cedere rottami auriferi ad aziende specializzate nel recupero di metalli preziosi, quali materie prime secondarie.

Per quanto riguarda invece le cessioni di "oggetti finiti", anche se queste destinate ad aziende che poi li reimpigheranno in processi di trasformazione, non potranno essere effettuate beneficiando del reverse charge, come stabilito dalla Risoluzione 161/E del 26/10/2001, la quale definisce che “i prodotti come le montature di anelli o le chiusure per collane e bracciali hanno completato il loro specifico processo produttivo e debbono essere considerati prodotti finiti e non materia prima destinata alla lavorazione".
Quindi, considerato che i manufatti in questione non possono essere ricompresi nell'ambito dei semilavorati, si deve concludere che per essi "non possa trovare applicazione il meccanismo di cui all'articolo 17, comma 5; l'imposta, pertanto, deve essere assolta nei modi ordinari".

Risulta estremamente chiaro che un c.d. ”compro oro” sprovvisto dell'iscrizione all'albo degli “operatori professionali”, non potendo in alcun modo commerciare in “semilavorati” o “rottami di gioielli” e applicare a queste cessioni il reverse charge- rientrando le due categorie dei beni nella “nozione di materiale d’oro”- è obbligato a cedere i preziosi usati applicando alle cessioni i "metodi ordinari", ovvero le aliquote IVA al 20% o a margine, come concesso ai beni usati.

Cordialmente