giovedì 23 dicembre 2010

Intervistato il Colonnello Flavio Aniello, Comandante del Nucleo Speciale Entrate della Guardia di Finanza sul fenomeno "Compro Oro"

Il lato b delle gioiellerie non è mai stato tanto chiacchierato. Parliamo di «compro oro», quei bugigattoli che nei paesi emergenti vanno di moda da sempre, dove vendere la collanina del battesimo o l’anello di fidanzamento per tirar su un po’ di contanti. Quel che si sa è che si moltiplicano come conigli. Nelle grandi città come nei paesini, in quella sempre più vasta terra desolata di esercizi commerciali agonizzanti, rappresentano forse l’unica categoria in controtendenza. In Lazio e in Sicilia, per dire, negli ultimi tre anni sono aumentati del 60 per cento. In Piemonte e Veneto intorno al 30. La media nazionale è +22,5, calcola Movimprese-InfoCamere, un tasso di crescita che se valesse per il resto dell’economia saremmo la Cina. Sin qui, dunque, tutto bene: un ago col segno più nel pagliaio dei meno. Ma perché così tanti e tutti adesso? Le risposte indiziarie chiamano in causa la crisi, una ghiottissima occasione di evasione fiscale e anche il riciclaggio.

L’invasione dei cartelloni giallo cromo che promettono cash contro vecchie gioie non era dunque solo un’impressione. Gli stessi numeri delle camere di commercio rischiano d’essere sottostimati perché non includono necessariamente le gioiellerie che in tempi di vacche magre hanno preso a comprare, oltre che a vendere, dai clienti. Ma anche con questa tara sono bastati per allertare la Guardia di finanza. «A questo fenomeno in aumento stiamo dedicando una particolare attenzione» assicura il colonnello Flavio Aniello, capo del Nucleo Speciale Entrate della G.d.F., «c’entra senz’altro che la gente fatica ad arrivare a fine mese e che con la crisi le quotazioni sono cresciute. Ma sullo sfondo potrebbe esserci anche il riciclaggio». Ciò su cui non ha dubbi è che il business si presta bene all’evasione e tira fuori uno schemino colorato per rendere commestibili le differenze tra i regimi dell’Imposta sul Valore Aggiunto. Per farla davvero molto semplice, i gestori dei compro oro, dichiarando indebitamente «rottami» i gioielli che ricevono, approfittano di un’agevolazione concessa a chi lavora l’oro grezzo, e non pagano l’IVA. Con enormi guadagni. «Se prima potevano sostenere che la legge non era chiara, a maggio la Banca d’Italia ha emanato una circolare in cui li esclude dalla cosiddetta “inversione contabile”. Chi continua a far finta di non sapere lo fa a suo rischio e pericolo». Insomma, ruba al fisco, con tutti i rischi del caso.

In Puglia se ne stanno accorgendo più che altrove. «Un paio di grossi casi riguardano due negozi di Manduria che non hanno pagato IVA e altre imposte per 250 mila euro» spiega il Comandante provinciale delle Fiamme Gialle di Bari Col. Nicola Altiero, «mentre a Taranto una sola attività ha evaso per 500 mila euro». Uno niente affatto sorpreso da questo possibile scenario è Michele Cagnazzo, responsabile dell’Osservatorio regionale sulla criminalità «L’ultima frontiera sono quelli su internet come www.cashgold.eu che vanno a prendersi l’oro a casa. Li abbiamo provati: niente registro vidimato e inventarsi un nome non è un problema».

Tratto da: "Il Venerdì" di Repubblica www.repubblica.it

giovedì 9 dicembre 2010

Compro Oro: nuova maxi evasione scoperta dalla GdF

Brindisi, 30 nov. (Adnkronos) - Una societa' che opera nel settore del commercio di oro usato negli anni dal 2006 al 2009 ha utilizzato in modo sistematico fatture per operazioni inesistenti emesse da fornitori compiacenti risultati evasori totali. Lo hanno accertato a Brindisi i militari della Guardia di Finanza. La frode fiscale ammonta a oltre 2,8 milioni di euro.

Il legale rappresentante della societa', accusato di esercizio abusivo del commercio di oggetti in oro e dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture per operazioni inesistenti, e altre tre persone sono state denunciate all'Autorita' Giudiziaria. Sono stati accertati elementi positivi di reddito non dichiarati per oltre 400mila euro, elementi negativi di reddito non deducibili per oltre 1,8 milioni di euro, IVA evasa per oltre 590mila euro.

30/11/2010

venerdì 16 luglio 2010

Altro "Compro oro" denunciato per evasione IVA

Nel 2006 avevano tentato di regolarizzarsi, come attività di "compro oro", iscrivendosi all'"Albo degli operatori professionali". Questo evidentemente non è bastato per cancellare il proprio storico commerciale. Infatti gli uomini della Guardia di Finanza hanno voluto verificare il modus operandi dell'azienda precedente alla regolarizzazione. I fatti emersi parlano chiaro, prima di iscriversi correttamente all'Albo la società fatturava con l'intento di eludere l'IVA "rottami" anziche oreficeria, assoggetandoli al ben noto articolo 17 DPR 633/72 ad altre aziende specializzate nel recupero dei metalli preziosi. E non solo...

TARANTO (17 luglio) - Militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Taranto hanno scoperto un'evasione fiscale compiuta da una società operante nel settore del cosiddetto "Compro oro" per centinaia di migliaia di euro.
In particolare, I finanzieri hanno accertato che l'impresa, per gli anni di imposta 2005 e 2006, ha operato senza autorizzazione e ha acquistato oggetti preziosi usati da privati per poi rivenderli, per la successiva trasformazione, alle ditte specializzate, con l'indicazione in fattura come "rottami" ed eludendo, così, l'esatta applicazione dell'Iva. Inoltre, la società in questione ha omesso versamenti di Iva per complessivi 250.000 euro. L'amministratrice pro-tempore della ditta è stata denunciata per reati fiscali, mentre suo marito, rappresentante legale della ditta è stato denunciato per ricettazione. Nel corso dell'operazione, infatti, sono stati rinvenuti bracciali, anelli, orecchini in oro ed argento, orologi e diamanti, muniti di cartellini con prezzo, per un peso complessivo di otto chilogrammi ed un valore commerciale di circa 350.000 euro. I preziosi, la maggior parte dei quali trovati in un trolley nell'appartamento della coppia, sono stati posti sotto sequestro in quanto ritenuti di illecita provenienza, poichè non registrati nè inventariati. I particolari dell’operazione sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa tenutasi nella caserma di via Scoglio del Tonno e alla quale hanno preso parte il comandante provinciale della Guardia di Finanza, il colonnello Nicola Altiero, il comandante del Nucleo di Polizia Tributaria, il tenente colonnello Giuseppe Pastorelli, il maggiore Cosmo Virgilio e il capitano Giuseppe Di Noi. “Sotto la regia del comando regionale stiamo effettuando molti controlli nel settore” ha sottolineato il colonnello Altiero.


Tratto da: www.quotidianodipuglia.it

lunedì 28 giugno 2010

La Banca d'Italia conferma le nostre tesi

Con questa nuova Circolare la Banca d'Italia non lascia più alcun dubbio sulle attribuzioni commerciali concesse ai "compro oro". Di seguito il paragrafo sesto che non necessita commenti:

Circolare della Banca d'Italia del 28 maggio 2010:

6) Le attività dei “compro oro”
L’oro il cui commercio è legittimamente consentito ai c.d. “compro-oro” può essere dedotto, per esclusione, da quello non riservato agli “operatori professionali in oro”. Non occorre pertanto la comunicazione di avvio dell’attività – e quindi il possesso dei requisiti di forma societaria, oggetto sociale e onorabilità degli esponenti di cui all’art. 1, comma 3, della Legge n. 7/2000 – per quei soggetti che limitino la propria attività al commercio di “oro da gioielleria” di cui al precedente n. 3)
A titolo di esempio, i c.d. “compro-oro”:
– possono acquistare oggetti preziosi nuovi, usati o avariati e rivenderli al pubblico, a fonderie o ad altri operatori. Tale attività si configura, infatti, come commercio di prodotti finiti che non rientrano nella definizione di “oro” contenuta nell’art. 1, comma 1, della stessa Legge; è la fonderia che dovesse trarne il contenuto in fino e rivenderlo come “oro da investimento” a dover assumere la qualifica di “operatore professionale in oro”;
non possono congiuntamente acquistare “oro da gioielleria” usato/avariato, fonderlo (per proprio conto o con incarico a terzi previo accordo di mantenimento del diritto di proprietà sul fino ottenuto) e cedere il fino ottenuto. Come detto, non occorre la comunicazione di avvio dell’attività neppure nel caso in cui si intenda trattare “oro da investimento” o “materiale d’oro ad uso prevalentemente industriale” nei modi previsti dal predetto art. 1, comma 4, della Legge n. 7/2000. Si osservi che i c.d. “compro-oro” entrano in rapporto con la Banca d’Italia solo per il tramite della Struttura dedicata al contrasto del riciclaggio (Unità di Informazione Finanziaria, UIF). La Banca d’Italia, in altre parole, non esercita sui “compro-oro” alcuna forma di vigilanza o di controllo in relazione allo svolgimento delle attività.


Fonte: http://www.bancaditalia.it/vigilanza/albi-elenchi/oporo/faq/operatori_oro.pdf

giovedì 27 maggio 2010

"Compro oro", controlli a tappeto

CAGLIARI - La Guardia di Finanza di Cagliari ha dato avvio all’operazione “Golden Island” volta a controllare la regolarità del fenomeno dei negozi “compro oro”. E’ ormai da alcuni anni che, anche nel cagliaritano, si registra una capillare diffusione sul territorio di questi negozi, spesso di piccola dimensione, che si occupano del ritiro dei gioielli usati dietro pagamento in contanti di somme commisurate al peso degli oggetti conferiti dai consumatori.

L’oro riveste oggigiorno quanto mai sia la caratteristica di bene “rifugio”, alternativo ai giochi di borsa e agli investimenti immobiliari, sia la peculiarità di bene “ultima speranza” per quel vasto strato di popolazione appartenente alla fasce più deboli, trovatasi in temporanea difficoltà in ragione delle contingenti ristrettezze dovute alla grave crisi economica attuale.

L’attività delle Fiamme Gialle trae origine da un attento monitoraggio della realtà territoriale di riferimento, condotta anche con l’ausilio informativo messo a disposizione dalla locale Questura. I Finanzieri, nell’ambito dello svolgimento dei quotidiani compiti di polizia economico-finanziaria del Paese svolti su direttive del Comando Regionale Sardegna e del locale Comando Provinciale, hanno quindi sviluppato un’azione di analisi volta ad individuare le molteplici fattispecie di evasione e di illecito anche penale potenzialmente riconducibili al settore.

Le preliminari risultanze emerse dai primi controlli sul territorio sono state riferite all’Autorità Giudiziaria, che ha assunto la direzione delle indagini: Le ipotesi investigative perseguite vanno dall’evasione fiscale all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, dall’irregolarità in tema di licenze a quella delle specifiche autorizzazioni rilasciate dalla Banca d’Italia, dalla violazione alla normativa sul monitoraggio delle operazioni auree ai reati previsti dalla legislazione sull’oro.

Tratto da: www.notizie.alguer.it

giovedì 22 aprile 2010

Altro "compro oro" denunciato per emissione di fatture con la dicitura "rottami"


Lecce – I militari della Guardia di Finanza di Maglie hanno accertato che la titolare di una ditta individuale di commercio all'ingrosso di gioielleria avrebbe evaso oltre 158 mila euro, operando tra l'altro senza alcun requisito.

La vendita e la compravendita di oro risponde a una legge alquanto precisa, o almeno dovrebbe. L'incertezza nasce dal comportamento della titolare di una ditta individuale di Maglie, operante nel settore della vendita di oro usato. A scoprire l'irregolarità della gestione, le Fiamme Gialle di Maglie, i quali, oltre ad accertare un'evasione fiscale di oltre 158 mila euro, hanno chiarito che la donna, 52enne del posto, non fosse iscritta all'albo dei professionisti in oro.

Approfondendo i controlli, è inoltre emerso che la ditta, tra il 2005 ed il 2007, avrebbe emesso un numero consistente di fatture per la cessione di "rottami auriferi" pur non avendo i requisiti previsti dalla legge. Avrebbe anche sottratto a tassazione circa 69 mila euro e evaso l'Iva per oltre 89 mila. Il tutto con l'omissione da parte della titolare di dare comunicazione dell’attività professionale di commercio d’oro alla Banca d’Italia.

Inevitabile per la donna una denuncia all'autorità sia giudiziaria sia amministrativa.

Tratto da: www.ilpaesenuovo.it

giovedì 4 marzo 2010

Lettera

Un utente del nostro blog ci scrive:
"Vorrei farvi una domanda ma i banchi metalli che acquistano rottami d'oro con la fatturazione rilasciata dal compro oro in revese charge cosa rischiano? e mai possibile che quello a rischiare e solo il compro oro? oppure anche il banco metalli potrebbe risponderne in sede legale ed amministrativa con sanzioni e verbali, ad esempio con l'accusa di incauto acquisto, perchè qualcosa non mi torna in questa telenovella, stanno colpendo i piccoli che inizialmente hanno venduto in reverse charge proprio trasportati verso questa soluzione da i banchi metalli "altrimenti non acquistavano il rottame" adesso gli stessi banchi metalli chiedono ai loro fornitori "compro oro" di iscriversi come operatori professionali in oro all'albo della banca d'italia, altrimenti a loro dire non ci sarebbero soluzioni!! anzi mi è stato detto verbalmente da un grosso banco metalli italiano dopo che gli avevo prospettato la vendita con lettera d'intenti, che era pericolossisimo vendere con questa procedura, e che se sorpresi ho soggetti ad un controllo da parte dell'agenzia delle entrate e guardia di finanza le sanzioni sarebbero state tremende nei confronti del compro oro, mentre il banco metalli che ti rilasciava lettera d'intenti non passava nessun guaio se nè usciva dalla situazione pulito come una colomba, la risposta a questi perchè mi hanno sempre detto loro e da ricercare nella sempre più crescente iscrizione dei compro oro alla banca d'italia, dicendomi "se c'erano altre soluzioni ti pare che tutta questa gente scelga di iscriversi?" se è possibile potreste darci delucidazioni dettagliate punto per punto,specie sul fatto se il banco metalli possa essere chiamato in causa per il fatto di accettare fatture in reverse charge senza accertarsi che il soggetto cedente sia iscritto o no come operatore professionale.
Distinti saluti grazie."


Gentile lettore,
sarebbe interessante chiedere, alla persona del "banco metalli" con cui ha parlato, di mettere nero su bianco ciò che sostiene e, ricevuto il documento, recarsi presso la Guardia di Finanza e vedere come i militari reagirebbero dinanzi al cumulo di inesattezze elencate. Comunque può stare tranquillo, poichè il poco informato signore, si rifiuterà di confermare su carta quanto mendaciamente Le ha dichiarato verbalmente. Le materie commerciali, fiscali e tributarie non sono cose per tutti, esistono a tal riguardo persone che hanno studiato per poter essere di valido sussidio ai commercianti e imprenditori. Non deve lasciarsi sedurre dalle dichiarazioni offerte da coloro che, a causa di questa storia, andranno a perdere lauti profitti.

Tornando alle Sue domande, Le assicuriamo che gli acquisti effettuati con "lettera d'intenti" sono perfettamente legittimi e potrà trovare conferma esponendo il quesito a qualsiasi comando delle Fiamme Gialle o ufficio dell'Agenzia delle Entrate. Altri regimi fiscali per effettuare legalmente la cessione di oggetti preziosi usati ad aziende specializzate del settore, sono il il regime IVA ordinario o il "regime speciale del margine". Il motivo per cui alcune aziende si legalizzano iscrivendosi all'"Albo degli operatori professionali in oro", è per poter cedere ai "banchi metalli" beneficiando legittimamente del reverse charge e spuntare pertanto un prezzo netto sulla vendita ovvero senza, nel caso ad esempio di rivendita con il regime del margine, dover corrispondere all'erario l'IVA calcolata sul costo dell'acquisto del bene ed il prezzo di rivendita dello stesso.

Per quanto invece concerne le sanzioni penali ed amministrative derivanti dalla vendita da parte di soggetti non autorizzati con il reverse charge, questi in effetti riguardano più direttamente il cedente poichè è egli che emette fattura descrivendo i beni come "rottami" ed applicando la classica dicitura "IVA non addebitata ai sensi dell'art. 17 DPR 633/72". Quindi è il venditore che dichiara di poter cedere i beni con questo sistema e non il compratore anche se, come tutti ben sappiamo, sono proprio i "banchi metalli" ad imporre questo regime fiscale, pena il mancato acquisto della merce.

E' chiaro comunque che non sono da escludere eventuali sanzioni nei confronti dei "banchi metalli", poichè dovrebbero saper rispondere ad almeno un paio di domade:
1) Perchè hanno acquistato con il reverse charge da soggetti non iscritti alla Banca d'Italia, pur essendo a conoscenza della legge?
2) Il cessionario è certo del fatto che i beni ricevuti fossero nelle specie di "rottami" e non di "oggetti finiti"?

Infatti sarebbe sufficiente recarsi presso qualsiasi fonderia ed operando un controllo, verificare se effettivamente la merce da questi acquistata è costituita in prevalenza da oggetti finiti o da "rottami". Comunque stia tranquillo e, per una Sua maggiore serenità, si rivolga alle Autorità competenti per avere conferma di quanto da noi esposto.
Cordialmente

martedì 9 febbraio 2010

Mattesini: "istituito il Borsino dell'oro usato"


I titoli e i marchi d’identificazione dei metalli preziosi si avviano ad avere una nuova disciplina" annuncia Donella Mattesini. La Commissione Attività produttive della Camera ha approvato in sede legislativa il nuovo testo unificato che adesso passerà al Senato per l’approvazione. Dopo 40 anni, vengono introdotte importanti novità in difesa dei produttori, dei consumatori e del Made in Italy. Sarà quindi bel chiara la differenza tra chi produce in Italia e chi invece realizza i suoi oggetti all’estero. Viene poi definito un meccanismo più efficace dei controlli, sia in sede doganale sia sul mercato interno, grazie anche agli Uffici Metrici. Infine, e questa è un’importante novità per i consumatori, ci sarà la possibilità di verificare la tracciabilità dei prodotti preziosi.
L’iter dell’approvazione era stato rallentato a causa dell’opposizione, in sede europea, di Inghilterra e Francia che avevano giudicato troppo “tutelante” la proposta di legge, tale da entrare in contraddizione con le normative europee. Sono stati dati i chiarimenti richiesti ed ora il documento è stato approvato all’unanimità dalla Commissione Attività produttive in sede legislativa. Questo testo recepisce alcuni proposte contenute nella proposta che Donella Mattesini aveva presentato il 19 dicembre 2008. Una di queste è l’istituzione del Borsino dell’oro usato che è stata introdotto con l’articolo 37 della nuova normativa. Ecco il testo: “Al fine di incentivare il recupero dei metalli preziosi non più utilizzati in possesso dei privati, di smaltire le sostanze riconosciute come tossiche, quali nichel, cadmio ed altre sostanze eventualmente contenute nei prodotti stessi, di creare un canale alternativo di approvvigionamento della materia prima per le imprese di produzione e di dare impulso all’acquisto di nuovi prodotti di gioielleria, è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico il Borsino dell’oro usato, che rileva ogni trimestre i valori della compravendita dell’oro e provvede a pubblicare sui principali quotidiani nazionali la quotazione dell’oro usato a livello nazionale e territoriale, anche utilizzando la rete della camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura”.
La mia proposta – commenta Donella Mattesini - è nata dall’idea del consigliere comunale di Arezzo, Pilade Nofri che l’aveva presentata non solo in Consiglio ma anche alle istituzioni e alle categorie economiche. Gli obiettivi sono quelli di non disperdere ma anzi mettere a valore le piccole quantità di oro in monili che molte famiglie tengono dimenticate nei cassetti. E garantire quest’ultime nel momento in cui decidono di venderlo. Attualmente sono costrette a farlo senza alcuna garanzia e con il metallo pagato pochissimo rispetto alla valutazione di mercato dell’oro stesso”.

Tratto da: www.arezzonotizie.it

venerdì 8 gennaio 2010

La "Lettera d'intenti"

Un lettore ci scrive:

"Salve,
leggendo i Vostri forum chiedevo se una banco metalli spa possa acquistare da me (gioielleria )l'oro usato tramite: DICHIARAZIONE DI INTENTO DI ACQUISTARE O IMPORTARE BENI E SERVIZI SENZA APPLICAZIONE DELL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO (Art. 1, lett. c, D.L. 29 dicembre 1983, n. 746, convertito nella legge 27 febbraio 1984, n. 17) l dettaglio).
In questo modo il banco metalli (iscritto banca d'italia) provvederà al pagamento IVA ed io eseguirò fattura di vendita esente IVA? E' tutto regolare o manca qualcosa?
Attendo Vostre risposte
Grazie"


Gentile lettore,
gli acquisti effettuati con "Lettera d'intenti" sono consentiti ai cessionari qualificati come “esportatori abituali”. Questi soggetti godono di una riserva, comunemente denominata plafond, che consente loro di effettuate acquisti di beni e servizi da operatori nazionali in esenzione d'’IVA fino ad un determinato importo, corrispondente al fatturato delle cessioni alle esportazioni riferite all’anno precedente. Per poter fruire della non applicazione dell'imposta sugli acquisti di beni e servizi, gli esportatori abituali devono rilasciare ai propri fornitori un'apposita comunicazione, la cosiddetta "Lettera d'intenti", anteriormente all'effettuazione delle operazioni commerciali.

I soggetti esportatori, non avendo la possibilità di rivalersi dell’imposta presso i clienti esteri, si ritrovano pertanto in una posizione di costante credito IVA. Per evitare questa problematica, è stato concesso loro di richiedere ai propri fornitori di non applicare l’IVA in fattura. Il cessionario rilascerà quindi una "Lettera d’intenti" in cui si assume la responsabilità di poter effettuare acquisti in esenzione IVA (art. 8 co. 1 lett. a e b del DPR 633/72).

Come espressamente previsto dall'art. 1, primo comma, del D. Lgs.vo del 29 dicembre 1983, n. 746, recante la specifica disciplina del plafond degli esportatori abituali, le lettere d'intenti vanno:
- redatte in conformità all'apposito modello ministeriale;
- numerate progressivamente dal dichiarante e dal destinatario;
- annotate in apposito registro, ovvero, a decorrere dal 14 marzo 1997, data di entrata in vigore della Legge 18 febbraio 1997, n. 28, anche in apposita sezione del registro delle fatture emesse o dei corrispettivi.

Gli imponibili delle fatture emesse dai fornitori in esenzione d'IVA, a seguito di "Lettera d'intenti", vengono detratti dal plafond del cessionario, il quale andrà via via riducendosi e, qualora terminato, lo obbligherà a comunicare ai propri fornitori di emettere le fatture con l'applicazione dell’IVA nei metodi ordinari. Pertanto la prassi è da ritenenersi, per i soggetti aventi diritto, assolutamente legittima.
Cordialmente