martedì 30 giugno 2009

COMPRO ORO: ingrosso o minuto?

In questo tempo in cui sembra esserci del fuoco a covare sotto la cenere, sarebbe bene rivedere le politiche inerenti le cessioni.
Un "compro oro", può rivendere i propri beni all’interno dei locali adibiti al ritiro dei gioielli usati, fermo restando la disponibilità della licenza e dell’iscrizione alla Camera di Commercio, ove risulti operante il commercio al minuto. All’interno dei medesimi locali infatti, non può essere svolta l’attività di commercio al minuto e all’ingrosso promiscuamente come definito dal D.LGS 114/98 il quale specifica "E' vietato esercitare congiuntamente nello stesso punto vendita le attività di commercio all'ingrosso e al minuto".
Pertanto si è obbligati a scegliere una politica aziendale coerente con il proprio tipo di attività. Come faccio a determinare se la mia attività è configurabile come commercio al minuto o all’ingrosso? Basta calcolare il fatturato delle cessioni. Se le cessioni effettuate all’ingrosso rappresentano la parte maggiore della mia attività, è chiaro che non posso richiedere oppure effettuare commercio al minuto (nei medesimi locali) e viceversa.
Vediamo un esempio pratico: ho una licenza di rivendita al minuto, il fatturato della mia ditta è stato per un anno pari ad € 10.000, di cui 8.000 fatturati ad altro commerciante a cui rivendo i miei gioielli usati e, i restanti 2.000, li ho fatturati rivendendoli al minuto. E’ chiaro che questo tipo di attività rientra nella categoria del commercio all’ingrosso e, pertanto, il commerciante deve regolarizzarsi recedendo la licenza al minuto a favore di quella all’ingrosso.

Alcuni "Compro oro" espongono vetrine delle occasioni al fine di rivendere i propri beni al minuto, ma la fetta maggiore del proprio fatturato è svolto all'ingrosso. Come fanno ad avere la licenza per la vendita al minuto e non all'ingrosso? E' chiaro che una delle due attività è svolta abusivamente.

"Compro oro" truffa sull'IVA

FONTE: Repubblica — 10 giugno 2009 pagina 11 sezione: BARI
UN' ISPEZIONE fiscale dei finanzieri in alcuni esercizi commerciali del barese specializzati nell' acquisto di oro e argento usato, ha portato alla scoperta di una maxievasione di circa 1 milione di euro di Iva. I militari della guardia di finanza hanno controllato una catena di esercizi a Monopoli, Conversano e Polignano a Mare, e scoperto che gli esercizi acquistavano gli oggetti in oro dai privati cittadini come se si trattasse di merce da rottamare, beneficiando così (gli oggetti preziosi sono assoggettati al pagamento dell' Iva) di una totale esenzione in materia di imposta sul valore aggiunto.

sabato 27 giugno 2009

Il "Regime Speciale del Margine" applicato alla cessione di oggetti preziosi

Il regime speciale IVA del margine, introdotto con direttiva CE n. 5/94, recepita dal D.L. n° 41 del 23/02/1995, è l’imposta applicata alle transazioni di beni appartenenti a particolari categorie e consiste nell’assoggettare a IVA la sola differenza tra il costo sostenuto dall’impresa per acquistare il bene e il corrispettivo di rivendita, così da evitare una duplicazione d’imposta.
Esso può essere applicato solo da coloro che esercitano, abitualmente o occasionalmente, il commercio di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione, relativamente agli acquisti effettuati senza applicazione dell’IVA, cioè da privati cittadini, in Italia o nell’Unione Europea. L’articolo 36 del DL 41/95 individua tre diverse modalità di applicazione dell’imposta: ordinario o analitico, forfetario o percentuale, e globale.
1) REGIME DEL MARGINE CON IL SISTEMA ORDINARIO ANALITICO, dove la base imponibile su cui calcolare l’imposta viene determinata per ogni bene compravenduto (Art. 36, comma 1 D.L. n° 41/95).
2) REGIME DEL MARGINE CON SISTEMA GLOBALE, dove la base imponibile viene determinata periodicamente e per masse di operazioni (Art. 36 comma 6).
3) REGIME DEL MARGINE CON SISTEMA FORFETARIO, dove la base per il calcolo dell’imposta viene determinata in una precisa porzione percentuale del prezzo di vendita (Art. 36 comma 5).
Chi acquista oggetti preziosi usati in lega d’oro, e li rivende in massa, potrà applicare il regime speciale del margine con sistema globale. Infatti questa procedura, a differenza delle altre, consente che il margine venga determinato per masse di operazioni, ovvero globalmente per tutte le vendite effettuate per ciascun mese o trimestre (Art. 36, comma 6).
Dal margine positivo dovrà essere scorporata l’IVA a debito, mentre l’eventuale margine negativo costituirà un credito di margine, di cui si potrà beneficiare nel periodo d’imposta successivo.
Per quanto riguarda la documentazione degli acquisti effettuati da privati, alla luce delle pronunce ministeriali emanate in materia (C.M. 70 del 8/11/1973 e R.M. 9/2270 del 20/01/1981) si ritiene che l’impresa che effettui acquisti di beni presso soggetti privati debba istituire un apposito registro, bollato e numerato prima dell’uso, in cui annotare tutti gli acquisti della specie. Tale registro costituirà la base per superare la presunzione di acquisto (Art. 53 DPR 633/1972) e per documentare la deduzione del costo.
Per quanto riguarda le vendite, dovrà altresì essere predisposto un registro delle cessioni con l’indicazione della data, natura, qualità e quantità dei beni e dei relativi corrispettivi al lordo dell’imposta. Lo stesso fungerà per effettuare lo scorporo e determinare quindi l’aliquota IVA da corrispondere all’erario.
L’imposta per le cessioni effettuate beneficiando del regime speciale del margine globale, ricade tra i costi del cedente e non del cessionario. Pertanto chi effettua vendite in massa di oreficeria rivendendo i propri beni alle aziende specializzate nel recupero di metalli preziosi, dovrà considerare questo costo, che non potrà recuperare, come mancato guadagno diviso per i grammi di oreficeria ceduti.
Per la caratteristica del regime del margine globale che non consente di recuperare l’IVA, da un punto di vista economico è maggiormente conveniente il sistema IVA ordinario, poiché in quest’ultimo caso l’IVA non è un costo né per il cedente né per il cessionario, ma neutra. Ovviamente l’applicazione del regime ordinario è possibile se il cessionario è disposto a corrisponderla al cedente, quindi ad esporsi con la liquidità.
Come visto, chi effettua il commercio all’ingrosso di gioielleria usata e intende avvalersi facoltativamente del regime speciale del margine globale, anziché dell’ordinario è tenuto, oltre all’istituzione degli appositi registri precedentemente descritti, alla comunicazione IVA annuale specificando l’intenzione di volersi avvalere del suddetto regime speciale.
E’ pertanto evidente che la cessione di oreficeria usata può essere facoltativamente effettuata applicando o il regime ordinario o del margine globale, quindi due distinte procedure per l’assolvimento dell’IVA. E’ logico supporre che non essendo d’obbligo l’applicazione del regime speciale per la cessione di beni in massa, il cedente che non ha effettuato la comunicazione preventiva all’ufficio IVA e quindi sprovvisto dei registri di cui sopra, in caso di omessa applicazione di uno dei due regimi IVA applicabili, potrà essere contestato per la mancata applicazione dell’aliquota IVA ordinaria sull’intero corrispettivo e non sul margine.
Spesso chi cede oreficeria usata in modo fraudolento descrive nelle fatture di vendita la merce qualificandola come rottame anziché oreficeria usata per poter applicare il regime di non imponibilità IVA a norma dell’Art. 17 comma 5 Legge n. 633/77.

Acquisto preziosi "On line"?

Gli esercenti specializzati nell’acquisto di oggetti preziosi usati, sono tenuti a compiere le operazioni all’interno dei locali autorizzati all’uopo dall’autorità di Pubblica Sicurezza. Infatti sull’autorizzazione, oltre ad essere riportati i dati anagrafici dell'esercente, viene descritta l’ubicazione del locale destinato a questo commercio. Ciò significa che le operazioni compiute, dovranno necessariamente essere svolte all’interno di suddetto locale che, a tal proposito, dovrà corrispondere alle norme di Pubblica Sicurezza stabilite per gli esercizi commerciali che trattano preziosi. Questo esclude la possibilità di concludere le operazioni con soggetto privato a distanza, ovvero compiere l’acquisto di oggetti preziosi usati a mezzo postale. Infatti, oltre ad essere compiuta al di fuori dei locali autorizzati, il cessionario non ha alcuna possibilità di verificare le generalità del soggetto cedente, la veridicità dei dati dichiarati (sedicenti) e la validità o l'effettiva esistenza dei documenti che il venditore dichiara, senza alcuna prova, di possedere. L'obbligo di compiere tali operazioni in presenza di entrambe i soggetti (cedente e cessionario) sono da ritenersi necessarie anche in funzione antiriciclaggio. A tal proposito in seguito alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n° 82 del 07.04.2006 del Decreto n° 173/2006 e del relativo provvedimento dell’ex Ufficio Italiano Cambi, sono state rese operative le disposizioni in materia di antiriciclaggio previste dal D.Lgs. 20/2//2004 n. 56 in attuazione della direttiva 2001/97/CE. Pertanto chiunque svolge le seguenti attività:
1) commercio, comprese l’esportazione e l’importazione, di oro per finalità industriali o di investimento in presenza della comunicazione UIC ai sensi dell’ art 1 legge 17.01.2000 n° 7;
2) fabbricazione, mediazione e commercio, comprese l’esportazione e l’importazione, di oggetti preziosi in possesso della licenza di cui all’ art. 127 del TULPS;

E' obbligato:
a) Identificare i clienti, tramite un documento valido e non scaduto, acquisendo i seguenti dati:
-Per le persone fisiche: nome e cognome, luogo e data di nascita, indirizzo residenza o domicilio, codice fiscale e numero di un documento di identificazione.
-Per i soggetti diversi dalle persone fisiche: la denominazione, la sede legale e il codice fiscale. Per questi soggetti è necessario verificare il potere di rappresentanza in base alla documentazione ufficiale fornita dal cliente (visure camerali, certificati di enti competenti, delibere consiliari o assembleari.


L'identificazione quindi deve essere compiuta de visu e non per autodichiarazione a distanza. Inoltre, fermo restando i reati di inottemperanza agli obblighi imposti dall'art. 128 del T.U.L.P.S., sono configurabili anche i reati correlati l'incauto acquisto e ricettazione come previsti dagli articoli 712 e 648 del Codice di Procedura Penale.

COMPRO ORO ED EVASIONE IVA

Negli ultimi anni il fenomeno dei negozi “Compro Oro” ha assunto proporzioni enormi, consentendo a questa idea commerciale di raggiungere ogni angolo del nostro Paese. Molte persone si sono lanciate in questa attività con improvvisazione e, troppo spesso, in spregio della Legge arrecando sia un danno all’erario, sia a chi opera in modo coerente con le stesse. Un mondo labirintico in cui il “metodo operativo” è un concetto astratto e dove la legalità non conosce patria. Adesso cerchiamo di capire, con qualche riga, alcuni semplici concetti che potranno meglio farci intendere ciò che l’onesto “commerciante di gioielli usati” dovrebbe compiere per poter operare lecitamente.

Il commercio di oro è regolamentato da un apposita normativa intitolata"Nuova disciplina del mercato dell'oro, anche in attuazione della direttiva 98/80/CE del Consiglio, del 12 ottobre 1998" emanata con Legge 17 Gennaio 2000, n. 7 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 21 gennaio 2000, la quale stabilisce cosa debba intendersi per oro e quali sono i requisiti richiesti per effettuare tale commercio in via professionale. L’articolo 1 recita:"1. Ai fini della presente legge con il termine "oro" si intende:a) l'oro da investimento, intendendo per tale l'oro in forma di lingotti o placchette di peso accettato dal mercato dell'oro, ma comunque superiore ad 1 grammo, di purezza pari o superiore a 995 millesimi, rappresentato o meno da titoli; le monete d'oro di purezza pari o superiore a 900 millesimi, coniate dopo il 1800, che hanno o hanno avuto corso legale nel Paese di origine, normalmente vendute a un prezzo che non supera dell'80 per cento il valore sul mercato libero dell'oro in esse contenuto, incluse nell'elenco predisposto dalla Commissione delle Comunità europee ed annualmente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, serie C, nonchè le monete aventi le medesime caratteristiche, anche se non ricomprese nel suddetto elenco; con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabilite le modalità di trasmissione alla Commissione delle Comunità europee delle informazioni in merito alle monete negoziate nello Stato italiano che soddisfano i suddetti criteri;b) il materiale d'oro diverso da quello di cui alla lettera a), ad uso prevalentemente industriale, sia in forma di semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, sia in qualunque altra forma e purezza."

Sempre l’articolo 1 indica quali sono i requisiti necessari per poter effettuare il commercio di oro ovvero :"3. L'esercizio in via professionale del commercio di oro, per conto proprio o per conto di terzi, può essere svolto da banche e, previa comunicazione all'Ufficio italiano dei cambi, da soggetti in possesso dei seguenti requisiti:a) forma giuridica di società per azioni, o di società in accomandita per azioni, o di società a responsabilità limitata, o di società cooperativa, aventi in ogni caso capitale sociale interamente versato non inferiore a quello minimo previsto per le società per azioni;" Il legislatore con questi articoli ha voluto non concedere dubbi sia su come identificare la natura dei beni che possono essere qualificati come oro, sia le caratteristiche che un azienda deve assumere per poter esercitare lecitamente tale commercio. Infatti stabilendo che le aziende siano configurate come “società per azioni, o società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperativa dotate di un capitale sociale interamente versato non inferiore a quello minimo previsto per le società per azioni” esclude de facto le ditte individuali.

Altra condizione necessaria per commerciare in oro è la comunicazione, ed il rilascio di relativa autorizzazione, da parte della Banca d’Italia (rammento che dal 1 gennaio 2008 l’Ufficio Italiano Cambi è soppresso e le sue funzioni sono esercitate dalla Banca d’Italia -D.lgs. 21/11/2007 n. 231-) Come visto la legge è molto chiara riguardo le caratteristiche necessarie per effettuare tale commercio e sui requisiti imprescindibili che vengono posti a condizione di chiunque compia questa scelta aziendale.

Negli ultimi anni si è assistito ad una affermazione massiccia su tutto il territorio nazionale di negozi comunemente denominati “compro oro”, specializzati nell’acquisto di preziosi da parte di privati cittadini. Nulla vieta, anche al titolare di una ditta individuale, di acquistare oreficeria per poi successivamente rivenderla, sia all’ingrosso che al minuto, fermo restando i “paletti” imposti appunto dalla Legge 7/2000. Purtroppo però, moltissimi gestori di questi negozi, assumono in toto le funzioni e le competenze commerciali proprie di un operatore professionale, pur non attendendo minimamente ai requisiti imposti dalla legge, operando quindi in modo del tutto abusivo. Infatti l’abitudine invalsa, è quella di acquistare oggetti preziosi usati dai privati cittadini (o da altri compro oro) e rivenderli direttamente a fonderie o aziende specializzate nel recupero di metalli preziosi. Nulla potrebbe vietare questo comportamento se i beni ceduti fossero qualificati per quello che realmente sono, ovvero "oreficeria usata" quindi oggetti finiti, ma nella più ampia casistica vengono invece qualificati come "rottami". Questo espediente, di mutare arbitrariamente la natura dei beni, consente di eludere l’IVA beneficiando di quanto stabilito dalla Legge n. 633/77 articolo 17 comma 5 la quale contempla: “In deroga al primo comma, per le cessioni imponibili di oro da investimento di cui all'articolo 10, numero 11), nonché per le cessioni di materiale d'oro e per quelle di prodotti semilavorati di purezza pari o superiore a 325 millesimi, al pagamento dell'imposta è tenuto il cessionario, se soggetto passivo d'imposta nel territorio dello Stato. La fattura, emessa dal cedente senza addebito d'imposta, con l'osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti e con l'indicazione della norma di cui al presente comma, deve essere integrata dal cessionario con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e deve essere annotata nel registro di cui agli articoli 23 o 24 entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro di cui all'articolo 25” Con questo articolo di legge viene concesso al cedente di non corrispondere l'IVA in fattura, poichè i beni acquistati per loro stessa natura non possono avere altra destinazione che la lavorazione industriale. Beni quindi nettamente diversi dall'"oreficeria usata" che può invece avere infiniti cicli di vita e, conseguentemente, assoggettata al regime IVA ordinario.

Il gestore di un semplice “compro oro”, intenzionato ad operare secondo la legge, dovrebbe cedere i preziosi per quelli che realmente sono, ovvero oggetti finiti, specificando nella fattura la reale natura dei beni quindi "oreficeria usata" , ed applicare all’importo della fattura l’aliquota IVA ordinaria o, come concesso per i beni usati, a margine. Invece in molti casi l’operatore abusivo acquista i preziosi (non rottami) da privati cittadini e successivamente li rivende direttamente alle fonderie o altre aziende specializzate, attribuendo alla natura dei beni ceduti, sia sul Documento di Trasporto e poi sulla Fattura, la qualifica di "rottami" o simili. Anche il più sprovveduto dei revisori, operando una controllo, potrà domandarsi che fine abbiano fatto i preziosi acquistati dall’esercente e registrati regolarmente sul Registro del Commercio (es: 1 bracciale, 1 collanina etc.) e dove invece ha preso i rottami che dichiara di aver ceduto alla fonderia. Infatti i beni acquistati all’origine devono essere ceduti nello stato in cui si trovano, non potendo il semplice “compro oro” lavorare o trasformare gli oggetti preziosi, in quanto questa è una prerogativa riservata ai soli operatori professionali o laboratori specializzati.

Il concetto è questo: se mi tolgo una collana dal collo e la vendo, per quale motivo questa si trasforma in rottame? Riassumendo in poche righe il contenuto delle disquisizioni di cui sopra, deduciamo quindi che il semplice titolare di una ditta individuale, gestore di un "compro oro", non può assumere le attribuzioni di operatore professionale e commerciare in modo continuativo beni a carattere industriale quali appunto rottami o semilavorati. Così come non può alterare la natura dei beni (oreficeria usata) e trasformarla in "rottami" (operazione anch’essa riservata esclusivamente agli operatori professionali) con l’unico intento di evitare l’imposizione dell’IVA. L'Ufficio Italiano dei Cambi ha provveduto con la pubblicazione del documento esplicativo "Chiarimenti in materia d'oro" del 20/06/2001, a fare chiarezza a tal proposito confermando nettamente quanto esposto:"Per poter qualificare, ai sensi della Legge 17/1/2000, n. 7, il commercio di rottami di oro ed individuare gli eventuali obblighi gravanti su coloro che svolgono tale attività, si distinguono due modalità operative:

- acquisto di oggetti preziosi usati, direttamente da privati, e rivendita degli stessi, senza ulteriore trasformazione. Detta attività non è qualificabile ai sensi dell'art. 1, comma 3, della Legge 17/1/2000, n. 7; essa si configura, infatti, come commercio di prodotti finiti che non rientrano nella definizione di "oro" contenuta nell'art. 1, comma 1, della stessa Legge;

- acquisto di oggetti preziosi avariati, destinati alla fusione, e successiva cessione dell’oro così ottenuto, in una qualunque delle forme in uso (lingotti, placchette, etc.). L'operatività in questione, esercitata in via professionale e non occasionalmente, deve ritenersi riconducibile, sia per gli aspetti soggettivi che oggettivi, nel disposto di cui alla Legge n. 7/2000."

Come visto nel primo caso non è necessaria l'autorizzazione dell'U.I.C., trattandosi di commercio di "oggetti preziosi usati" e pertanto andrà applicata l'IVA sulle cessioni. Nel secondo caso, trattandosi di vendita di "rottami", è invece necessaria l'autorizzazione dell'Ufficio Italiano dei Cambi. Questo comporta necessaraiamente essere qualificati come operatori professionali, i soli titolati a poter effettuare questo tipo di commercio, e godere quindi della non applicabilità IVA sulle cessioni d'oro destinati alla fusione. Per chiarire ulteriormente la differenza concreta che intercorre tra l'"oreficeria usata" ed il "materiale d’oro" come i rottami, e la conseguente diversità nell’applicazione dell’IVA e pertanto a suffragio di quanto esposto, la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n.375/E del 28/11/2002 ha affrontato la possibile applicazione del disposto del comma 5 dell'art. 17 nel settore commerciale dell'acquisto di oro usato. Nello specifico veniva considerato l’acquisto di materiale d’oro da parte di privati e poi rivenduto sotto forma di rottami di gioielli d'oro, a soggetti che operano nel settore del recupero dei metalli preziosi. La Risoluzione riportò quanto affermato dall’Ufficio Italiano Cambi e cioè che “rientrano nella nozione di "materiale d'oro" tutte le forme di oro grezzo destinate ad una successiva lavorazione, e che la caratteristica di un "semilavorato" è costituita dall'essere un prodotto privo di una specifico uso e funzione, e cioè dall'impossibilita' di utilizzare ex se il materiale o la lega d'oro, essendo necessario un ulteriore stadio di lavorazione o trasformazione che ne consenta l'utilizzo da parte del consumatore finale”. Quanto premesso la Risoluzione ritenne “che la predetta vendita di rottami di gioielli d'oro, in sé non suscettibili di utilizzazione da parte del consumatore finale, ad un soggetto che non li destina (né può destinarli) al consumo finale, ma li impiega in un processo intermedio di lavorazione e trasformazione, possa essere assimilata a cessione di materiale d'oro o semilavorato”. Ovviamente, come visto, per procedere alla vendita di suddetto materiale è necessario che il cedente sia autorizzato dalla Banca d’Italia e risponda ai requisiti previsti per gli operatori professionali dalla legge 7/2000. Quindi dimostrare che si opera esclusivamente nel settore del recupero dei metalli preziosi, ed infine beneficiare come contemplato nella succitata risoluzione, di quanto segue:“l'imposta sugli acquisti di rottami di gioielli d'oro, destinati ad essere sottoposti al procedimento industriale di fusione e successiva affinazione chimica per il recupero del materiale prezioso ivi contenuto, può essere assolta mediante la particolare procedura prevista dall'art. 17, comma 5, del DPR n. 633 del 1972.”.

Quanto stabilito dalla Risoluzione n.375/E del 28/11/2002 dell’Agenzia delle Entrate è rilevante, anche alla luce di un'altra Risoluzione, ovvero la n.161/E dell’11 novembre 2005. Questa infatti ha preso in esame la possibilità di ricomprendere nel requisito “oggettivo” anche montature di anelli o chiusure per collane e bracciali (manufatti), potendoli assimilare al concetto di "semilavorati" indicati nel comma 5 dell’art. 17. La Risoluzione evidenzia quanto sopra già illustrato ed osserva ulteriormente che “prodotti come le montature di anelli o le chiusure per collane e bracciali hanno completato il loro specifico processo produttivo e debbono essere considerati prodotti finiti e non materia prima destinata alla lavorazione”. Questi oggetti non necessitano “di una ulteriore lavorazione o trasformazione; l'attività di assemblaggio (per quel che concerne le chiusure di una collana o braccialetto) o di incastonatura (per ciò che riguarda la montatura di anelli) deve essere considerata un procedimento ben distinto dalla vera e propria trasformazione o lavorazione dei prodotti originari”. Considerato che i manufatti in oggetto non possono essere ricompresi nell'ambito dei semilavorati, si deve concludere che per essi "non possa trovare applicazione il meccanismo di cui all'articolo 17, comma 5; l'imposta, pertanto, deve essere assolta nei modi ordinari".

Sempre la Legge 7/2000 ci informa che: "Chiunque dispone o effettua il trasferimento di oro da o verso l'estero, ovvero il commercio di oro nel territorio nazionale ovvero altra operazione in oro anche a titolo gratuito, ha l'obbligo di dichiarare l'operazione all'Ufficio italiano dei cambi, qualora il valore della stessa risulti di importo pari o superiore a 20 milioni di lire. All'obbligo di dichiarazione sono tenuti anche gli operatori professionali di cui al comma 3, sia che operino per conto proprio, sia che operino per conto di terzi. Dalla presente disposizione sono escluse le operazioni effettuate dalla Banca d'Italia." Questo significa che i soggetti che svolgono il commercio di "materiale d'oro", quali "rottami" o "semilavorati", sono obbligati alla dichiarazione all'Ufficio Italiano dei Cambi (oggi Banca d'Italia) di tutte le operazioni quali trasferimenti e cessioni. Allo stato attuale non risulta che i “compro oro” assolvano questa prassi, anche perché non autorizzati (art.1 comma 3 Legge 7/2000) a questo tipo di commercio.

Quindi, come visto, quei “compro oro” che si sostituiscono nelle funzioni e nei metodi agli operatori professionali, commerciando in rottami d’oro o, ancor peggio, trasformando l’oreficeria usata in rottami - entrambe le operazioni hanno l’intento dichiarato di eludere l’I.V.A.- commettono, oltre che un abuso, anche un reato come sempre la legge 7/2000 all’articolo 4 (Sanzioni) stabilisce:
§1. Chiunque svolge l'attività di cui all'articolo 1, comma 3, senza averne dato comunicazione all'Ufficio Italiano dei Cambi, ovvero in assenza dei requisiti richiesti, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da lire quattro milioni a lire venti milioni. Alla stessa pena soggiace chiunque svolga l'attività prevista dall'articolo 2, comma 1, senza esservi legittimato.
§2. Le violazioni dell'obbligo di dichiarazione di cui all'articolo 1, comma 2, sono punite con la sanzione amministrativa da un minimo del 10 per cento ad un massimo del 40 per cento del valore negoziato. Per l'accertamento delle violazioni previste dal presente comma e per l'irrogazione delle relative sanzioni si applicano le disposizioni del testo unico delle norme di legge in materia valutaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1988, n. 148, e successive modificazioni.

CONCLUSIONI
In sintesi questa analisi mostra come molti commercianti titolari di negozi comunemente denominati “compro oro” compiano i seguenti abusi:
- alterano la natura dei beni acquistati all’origine;
- cedono materiale d’oro quali rottami alle fonderie o altre aziende specializzate nel recupero di materiale preziosi, nonostante privi dei requisiti imposti dall’articolo 1 comma 3 legge 7/2000;
- Violano l’obbligo di dichiarazione alla Banca d’Italia delle operazioni aventi per natura il commercio di oro, imposto dall’art.1 comma 2 legge 7/2000;

La somma di questi abusi e reati hanno l’unico intento di eludere l’IVA e di commerciare in condizione privilegiata materie prime a carattere industriale. Infatti l’oro è notoriamente tra i metalli più preziosi presenti nel mondo naturale. Il suo prezzo è quotato ogni giorno dalle principali borse mondiali. Le banche e le aziende orafe sono gli interlocutori principali di questo commercio e grazie alle recenti crisi del mercato internazionale, l’oro si conferma quale bene rifugio principe con un valore netto raddoppiato soltanto negli ultimi quattro anni. Grazie ad una sempre crescente domanda, poter vendere oro quale materia prima alle fonderie, consente un sicuro ed immediato rientro dei capitali investiti e dei relativi utili. Diverso invece sarebbe dover vendere gioielli usati al minuto o all'ingrosso; questo richiederebbe un investimento a medio-lungo termine, la ricerca e fidelizzazione dei clienti, nonché la necessità di disporre di un magazzino fornito per offrire una adeguata scelta, con conseguente rientro ridotto di capitale, sia nei tempi che nei volumi. Tutto questo in considerazione della crisi che investe i beni di lusso cui i gioielli appartengono. Le fonderie non hanno nessun interesse ad acquistare gioielli usati e pagare sugli stessi l'IVA, pertanto richiedono ai propri fornitori esclusivamente rottami da destinare alla fusione. A tal riguardo i "compro oro" si adeguano e, pur di vendere alle suddette fonderie, alterano la natura dell'oreficeria acquistata e la commerciano abusivamente quali beni ad uso industriale.

Il boom dei “compro oro” a livello nazionale è un fatto recentissimo, infatti non oltre dieci anni a dietro ad effettuare questo tipo di commercio erano soltanto alcuni operatori ed esclusivamente nelle grandi città, i quali ritiravano i gioielli usati o per rivenderli se di particolare pregio, o per permutarli con oggetti nuovi presso le aziende orafe. Invece negli ultimi anni, grazie alla totale mancanza di controlli da parte delle autorità, si è assistito ad un incontrollato radicamento di questa idea commerciale su tutto il territorio nazionale, grazie alla convinzione di poter raggiungere facili guadagni con spese d'impianto minime. Questo ha comportato livelli di crisi agli operatori professionali soppiantati nelle competenze, senza che nessuno intervenisse nonostante gli allarmi e gli esposti presentati, da operatori abusivi ed improvvisati. Trattandosi di oro non è difficile immaginare la facilità con cui attraverso questo mezzo, sia possibile riciclare denaro e proventi di attività illecite. A tal riguardo la legge 7/2000 impose l'obbligo a tutti coloro che intendessero commerciare in rottami auriferi, di effettuare la comunicazione di tutte le operazioni di cessione superiori alle 20 milioni di lire (Euro 10.516,00) proprio in funzione anti-riciclaggio ed anche questa volta puntualmente disattesa.

Molte aziende che per anni abusivamente hanno commerciato in oro, ponendosi come intermediari tra i commercianti e le fonderie, adesso corrono ai ripari mettendosi in regola iscrivendosi nell'Albo degli operatori professionali. Buon per loro(NB:anche se dovranno rendere conto delle attività svolte precedentemente) e peggio per quei commercianti che continuano a vendere loro metallo sempre con la formula "rottame", perchè proprio a questi ultimi la legge presenterà il conto per l'IVA evasa.